Assault on Fort Sanders, Kurz & Allison (Via Wikimedia Commons, PD-1923) guerra

Hegemon (unisci e obbedisci versus divide et impera)

Gli stili di governo sono i più svariati. Del resto il concetto di carisma prevede un nucleo di irrazionalità e imprevedibilità. Tuttavia si può dire che esistano due macro-categorie nello stile di comando. Il leader capace di unire e il leader capace di dividere.

Il primo è vittorioso per la sua capacità di catalizzare attorno a sé la gran parte delle forze della nazione, il secondo è vittorioso per la sua capacità di scindere i fronti avversari e di indebolire così i nemici (interni ed esterni). Il primo unisce perché obbedisce, perché mostra con l’esempio di sottomettersi a un’idea o alla volontà popolare. Il secondo divide ma si assume l’onere di comandare o, se si vuole, comanda proprio perché divide e dividendo non trova nessuno a resistergli.

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Vercingetorige getta le armi ai piedi di Cesare, Lionel Royer (Via Wikimedia, PD-Old-100)

Lo stile divisivo ha il vantaggio di polarizzare lo spazio sociale attorno al leader, semplificando il campo in ostili o favorevoli, contrari e supporters. Questo rende più chiare le forze in campo, più facile rafforzare lo spirito di gruppo tra i propri supporters e più semplice liquidare le critiche come propaganda della parte avversa e mantenersi focalizzati sugli obiettivi.

L’esempio recente di leadership in Europa più simile a quella di Trump è stato Berlusconi. Entrambi sono entrati in politica sulla scorta dei loro successi imprenditoriali, entrambi sono stati accusati di essere inadeguati per via dei loro conflitti di interesse, entrambi hanno sbaragliato gli avversari grazie alle loro doti comunicative. Il punto che li accomuna di più però è proprio il loro stile “divisivo”. Entrambi nel momento in cui sono stati eletti hanno scatenato reazioni violente e tensioni che sono durate per tutto il tempo in cui sono stati in carica.

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Barack Obama incontra Silvio Berlusconi alla Casa Bianca (Official White House Photo by Pete Souza)

Il ventennio italiano egemonizzato dalla politica berlusconiana s’è rivelato un periodo di conflitti sociali e politici costanti, anche se a bassa intensità. Tale conflittualità ha impedito il raggiungimento di qualsiasi obiettivo degno di nota. La cosa non ha preoccupato gli italiani che, essendo un popolo molto tradizionalista, in fondo si aspettava da Berlusconi più il mantenimento di uno status quo che delle vere riforme. Gli americani però non sono gli italiani. Trump dovrà dimostrare di poter raggiungere gli obiettivi che si è prefissato. Ci riuscirà nonostante o grazie il suo stile divisivo? A che prezzo?

The time they are changing

Gli Stati Uniti si trovano in una fase di forti cambiamenti, dovuti per lo più alla crisi economica iniziata dieci anni fa. I valori e l’ideologia che li hanno guidati per secoli sembrano essere stati profondamente intaccati da quest’ultima. L’importanza del movimento Occupy Wall Street dimostra che la fiducia della società americana verso il capitalismo è stata intaccata. La stessa vittoria di Trump può essere letta come un tentativo di recuperare, nostalgicamente, uno stile capitalistico pre-crisi del 2008. civile civile

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Courtesy of Fleshmanpix (www.flickr.com/photos/fleshmanpix)

Il paese si trova pertanto diviso politicamente. Da un lato c’è chi crede ancora nel capitalismo e che pensa che i problemi siano dovuti semplicemente agli eccessi dovuti alla finanziarizzazione dell’economia, dall’altro lato c’è chi si rende conto che lo stile capitalistico orientato alla finanza non è che una logica conseguenza del sistema e che pertanto l’unica soluzione è una riforma radicale del capitalismo. I primi hanno votato Trump e vinto, i secondi hanno perso le elezioni non riuscendo ad imporre il proprio candidato durante le primarie: Bernie Sanders.

La sconfitta dei Democratici dimostra come la presidenza Obama abbia dato risposte economiche corrette ma insufficienti. Purtroppo nemmeno le ricette che Trump al momento propone sembrano in grado di migliorare la situazione economica generale, dato che le misure volte ad aumentare il mercato interno e al protezionismo non faranno altro che spostare soldi da una parte all’altra del territorio americano, dalla America costiera alla America profonda, dal nuovo capitalismo al capitalismo old style; insomma quella di Trump sarà una manovra puramente redistributiva e non di riavvio produttivo. Il successo dell’economia trumpiana dipenderà inoltre anche da Wall Street e dalla finanza. Se qualcosa non dovesse andare per il verso giusto, se cioè quel 1% di ricchi decidesse che non vale la pena di investire troppo nel sistema paese, le politiche economiche di Trump si tradurrebbero in una guerra fra poveri.

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Il movimento Black Lives Matter mostra come il paese sembra ritrovarsi ancora più diviso sul piano etnico, mentre al problema delle tensioni razziali s’aggiunge anche quello religioso, con l’ostilità nei confronti dell’Islam. I due fronti problematici potrebbero anche finire per saldarsi. Non ci si dimentichi che molti neri appartengono alla Nation of Islam. Che cosa succederà se i media dovranno mostrare l’ennesimo abuso delle forze dell’ordine verso i neri? Il presidente prenderà le parti delle vittime o della polizia? Come reagirà la comunità nera? Che cosa succederà al verificarsi di un grave attentato di matrice islamica? Trump difenderà i musulmani americani o lascerà che l’ostilità e il razzismo facciano il proprio “lavoro”? Che cosa succederà quando le misure economiche avvantaggeranno una parte della popolazione, per lo più bianca e svantaggeranno la popolazione nera e ispanica? civile civile

Tra i fattori da considerare c’è anche la difficoltà di spostare all’esterno le tensioni interne. Tra i valori entrati in crisi c’è anche il sentimento che spesso ha inorgoglito gli americani di sapersi superpotenza globale. L’amministrazione Trump sembra voler proseguire e intensificare la politica di Obama, quella di un’America più disimpegnata in politica estera, più concentrata sui propri interessi che sullo scenario internazionale, come il processo di distensione con Putin dimostra.

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Barack Obama a colloquio con Vladimir Putin, U.S. Federal Government (Via Wikimedia Commons)

Allo stesso tempo però Trump sa che la vecchia economia, basata anche sul comparto tecnologico militare, ha bisogno di recuperare le vecchie minacce e gli avversari tradizionali, nemici come Iran e Cina. Perché non servono portaerei e missili per i terroristi. Tuttavia dato che la sua leadership ha uno stile molto divisivo che tende a polarizzare, non solo l’opinione pubblica ma anche le istituzioni, i pro o contro di lui, se dovesse giocare la carta della guerra c’è da chiedersi se il paese sarà disposto a seguirlo. Una cosa è però chiara: al momento, visti i rapporti anche con parte dell’establishment e delle istituzioni, sembra che lo scenario più probabile negli States sia quello di una lunga e logorante e fredda guerra civile.

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